I FATTI DEL 12/9


Non è un errore, non parlo dell’11/9 2001 ma del 12/9 2016

Ciò che avvenne quel giorno ebbe dell’incredibile: dispersi a poche centinaia di metri da zone ben conosciute.

Che ci fosse stato lo zampino alieno?

Quali misteriose forze oscure generarono quell’insieme di circostanze tali da far cadere nel dramma 2 persone?

Intanto il sole calava e la notte avanzava…


 
Tranquilli! Per il momento ancora nessun alieno in vista, nonostante tutto. E anche nessuna tempesta magnetica. Nessuna nebbia elettronica. Nessun mistero misterioso, ma solo un’incredibile insieme di circostanze che portò me e Roxy a perderci tra i rovi a poche centinaia di metri in linea d’aria da Gaibola, zona a sud di Bologna sui colli bolognesi. E il peggio fu che il sole stava calando sull’orizzonte.

Ma partiamo dall’inizio e vediamo, alla luce d'oggi, cosa ci portò fuori strada in quella maniera, cercando di risalire a gambe e mani una ripida parete scoscesa sabbiosa per tornare a casa entro la sera incombente. Come tutti sappiamo infatti, servono parecchie circostanze concomitanti affinché avvenga un incidente: se anche una sola di queste circostanze non accadesse, l’incidente sarebbe scongiurato. Ecco dunque cosa accadde di preciso quel 12 settembre 2016 e quali furono le circostanze in gioco.

In quegli anni, con la Roxy si facevano parecchie camminate anche di 15-20 km, per pianure, colline e montagne. In genere ero io a proporre i giri da fare in quanto ancora oggi come allora ho una passione per sentieri pedonali e sistemi di rilevamento satellitari. Si, insomma, non mi manca nulla e quando organizzo un giro in bici o a piedi che sia, da solo o in compagnia, traccio preventivamente sempre il percorso, analizzandolo in ogni suo dettaglio, aggiungendovi per esempio le eventuali fontanelle per rifornirsi di acqua lungo il percorso, la sua lunghezza, il profilo altimetrico, ecc. Insomma credo di essere organizzato quanto basta per evitare incidenti. Ed infatti non me ne sono mai capitati. Fino a quel giorno.

 

1 - QUEL GIORNO NON AVEVO PROGRAMMATO A COMPUTER IL GIRO ESATTO

Era capitato altre volte che si fosse andato a fare un giro senza fare prima un programma dettagliato a computer come detto prima. Questi programmi effettivamente li facevo (e li faccio tuttora) solo per giri lungo i sentieri di montagna dove è importante conoscere il più possibile in anticipo il percorso che si andrà a fare. Per giri cittadini, o poco fuori, su normali strade o parchi, non serviva tanta preparazione. In genere tracciavo solo il percorso durante l'escursione per poi conservarlo nel mio archivio. E quel giorno l’idea era di partire (da solo) dalla stazione Bologna Centrale (Vedi mappa sotto segnaposto nero) passare dal negozio di Michelangelo Coltelli (tracciato 1 - rosso - 9,2 km) e andare, sempre a piedi, sino a casa di Roxy (segnaposto viola), poi assieme (tracciato 2 - blu - 5,3 km) salire su a Paderno (segnaposto grigio) sempre tramite normali strade pubbliche scarsamente trafficate. Da Paderno avremmo poi scelto in base alla stanchezza e all'orario se scendere a Bologna per il Parco di M.te Paderno e via Dei Colli (tracciato A - giallo - 5,2 km) arrivando a Porta S. Mamolo, o scendere per Casaglia - Montalbano (tracciato B - verde - 8,1 km) arrivando al Meloncello. Ma poco importava: erano tutte strade asfaltate.


 

Il profilo altimetrico sino a Paderno

 

In effetti arrivammo a Paderno a quota 260 abbastanza freschi sebbene io avessi già sulle gambe oltre 14 km di cammino. Erano circa le 16:20, l'orario stampato sul nome file delle due foto che facemmo, ed in virtù di quest'orario decidemmo di prendere a sinistra, verso Casaglia, per rientrare a Bologna: 8 km ci stavano bene e l'orario lo permetteva in quanto avremmo avuto ancora circa 3 ore e mezzo di luce. Dopo 1,5 km arrivammo al Parco Cavaioni, luogo di iniziative culturali e artistiche soprattutto durante la stagione estiva. Ma dato l'orario, il periodo, e soprattutto il giorno (un lunedì), il bar era chiuso e in giro non c'era praticamente un anima viva.

Fu qua che proposi a Roxy il cambio d'itinerario: non più lungo la strada asfaltata con i rimanenti 6,5 km ma il sentiero CAI (Club Alpino Italiano) n. 906 e poi n. 900 (tracciato 3 - rosa - 4 km) che dal parco, lungo il torrente Ravone, portava verso Gaibola e dunque verso la città. Ad occhio sembrava un percorso più corto ma ricalcolandolo oggi, sarebbero stati circa 7 km. Va detto che il motivo principale di questa scelta fu che era un percorso in gran parte nel bosco e nella parte finale nel parco di Villa Ghigi. Solo 2 km da Gaibola al parco sarebbero stati su strade secondarie.

 

2 - IL CAMBIO DI ITINERARIO

Di regola, in montagna non si dovrebbe mai cambiare itinerario rispetto a quello programmato a PC, giacché si conoscono già distanze, quote, fontanelle acqua e quant'altro, ma qua non avevo fatto programmi, e poi la zona era ben conosciuta, poco fuori Bologna, anche se i sentieri CAI 906 e 900, così come tanti altri fatti prima senza problemi, non li avevo mai percorsi.

Tuttavia non potevo immaginare che in realtà il CAI avesse dismesso da tempo quel tracciato, non mantenendolo più agibile e dunque farlo sarebbe stato come dire "sono cavoli tuoi". OSM (OpenStreetMap), la piattaforma di carte e mappe alla quale faccio puntualmente riferimento per ogni programma escursionistico è molto dettagliata, ma a discrezione dei mappatori volontari, in quanto essendo una struttura open source, ogni iscritto contribuisce liberamente con un semplice login. Sono mappatore OSM da almeno 6-7 anni e quando mi è capitato di programmare giri in una zone scarsamente dettagliate dalla mappa, inserivo prima i dati a me necessari. Ma se il CAI dismette un sentiero e in OSM nessuno va a verificare e fa poi la modifica, esso rimane marcato come in origine, poiché dal CAI non viene fatta nessuna comunicazione ne a OSM ne ad altre piattaforme di mappe. Cioè chi vuole, si aggiorni da solo. Dunque proposi a Roxy il 906 / 900 proprio perchè ero tranquillo che si sarebbe trattato di sentieri CAI. E anche questo fece la differenza.

 

 

3 - IL 906 / 900 ERANO SENTIERI DISMESSI DAL CAI

In genere i sentieri numerati dal CAI sono in uno stato che va dal buono all'ottimo. Sono disponibili online i loro dati quali lunghezza, dislivelli, e sono pure scaricabili in formato GPX (almeno, quelli del CAI regionale Emilia Romagna) per poterli caricare sui navsat, o caricarli a PC per editarli e farne programmi di viaggio come quelli che solitamente faccio. Forte di ciò dal Parco Cavaioni prendemmo il famigerato 906. Da subito passammo in una zona di giochi per bambini dove scattai queste foto. L'orario sul nome file segna le 17:45 e in quel giorno il tramonto è dato alle 19:30. Non era prestissimo: tra una sosta e una foto avevamo speso 1 ora e mezzo per fare, da Paderno, poco più di 1 km e mezzo. Troppo. E questo fu un altro errore.

 

Le foto scattate al Parco

Cavaioni.

Clic per ingrandire

Il profilo altimetrico del famigerato 906 - 900

Sopra la zona del fattaccio, sotto lo stesso punto visto in 3D da nord ovest verso sud est

   

4 - LA CATTIVA VALUTAZIONE DELL'ORARIO

So bene che gli orari sono determinanti, soprattutto in montagna. Non importa arrivare alla meta ma tornare indietro sani in tempi utili. Troppo spesso si considera la meta come un luogo di arrivo senza considerare che sei solo al 50% del viaggio. E se si tiene in considerazione la spesa energetica, sei meno della metà percorso, poiché il ritorno è aggravato dalla progressiva stanchezza a prescindere da salite o discese. Tutte cose che conosco bene ma che quel giorno non avevo valutato a causa della scontata convinzione di essere a pochi km da Bologna, dunque a casa. Insomma, sottovalutai un "avversario facile".
 

Trovando un sentiero in condizioni abbastanza difficoltose, i tempi inevitabilmente si allungarono ancora. Un conto è camminare spediti senza pause, con un buon passo da 4-6 km/h, un conto è rallentare, fermarsi per valutare, oltrepassare, scavalcare, ecc... Insomma, sebbene fossimo in discesa (vedi prima parte del grafico nell'immagine) ci impiegammo oltre un ora e un quarto per percorrere quel sentiero sino al punto più basso, dopo di che prendemmo a destra per risalire il colle ed direzione Gaibola. In qualche punto dovettimo cercare il sentiero perchè a tratti lo si perdeva a causa delle condizioni via via sempre peggiori, nonostante avessimo incontrato più volte i (vecchi) cartelli CAI 906 e CAI 900. Se da un lato ero tranquillo dall'altro non capivo perchè un sentiero classificato fosse così mal tenuto, tra l'altro in prossimità di una città.

Il problema si presentò nel suo più totale aspetto in un punto in cui era impossibile procedere. Arbusti, bassi alberelli e tanti rovi su fondo sabbioso, tipici della macchia mediterranea, ostacolavano il passaggio: non c'era verso di proseguire. Eravamo esattamente al segnaposto "A" - rosso - nella cartina. Cosa era successo?

 

5 - IL SENTIERO ALL'EPOCA ERA INTERROTTO

Oggi il sentiero è dato fare una curva ad "U" rovesciata verso nord per bypassare la zona impraticabile di arbusti e rovi. Ma all'epoca era dritto. Ma dritto non si passava. Ricordo che per cercare una soluzione, allarmati anche dal sole già calato sull'orizzonte, decidemmo di fare la cosa più ovvia: risalire il pendio (vedi tratta rossa) in direzione di una casa. A parte i rovi e gli arbusti, il terreno era estremamente sabbioso e la terra che cadeva verso il basso (eravamo in salita e ci stavamo arrampicando aiutandoci con le mani) entrava anche nelle scarpe.

Insomma, fu un... casino. La Roxy era incazzata nera per come la cosa si era messa, io altrettanto incazzato nero per lo stesso motivo. In realtà io ero incazzato per la figura di merda che ci stavo facendo davanti alla Roxy, che a sua volta ho pensato fosse più incazzata per la sfiga che non per la mia imbecillità. Gli avevo spiegato infatti che il tracciato era dato come classificato CAI ma questo poco leniva la sua incazzatura. Era tardi, eravamo nella merda ed eravamo pure rimasti senz'acqua. Un bel casino.

Insomma, riuscimmo a risalire sino alla prima casa e a quel punto credevamo di essere "arrivati", ma presto ci rendemmo conto che invece eravamo in gabbia. La casa era totalmente recintata e chiusa. Nessun'anima viva. Eravamo chiusi dentro e le prime luci artificiali si iniziavano ad accendere.

 

6 - CHIUSI DENTRO UNA PROPRIETÀ PRIVATA

Io mi sentivo un ladro. Ma non un ladro che deve forzare qualcosa per entrare, bensì per uscire. Il cancello (segnaposto "B" - blu) che dava sulla stradina di accesso per i veicoli era insormontabile. Forse io lo avrei al limite potuto scavalcare la la Roxy no. E poi mi pare avesse pure le punte in ferro sulla sua sommità. Era un rischio troppo grande.

Iniziammo a perlustrare l'area in cerca di una via di fuga. Trovammo una rete di quelle da recinti, quelle fatte con il filo di ferro intrecciato a zigzag e plastificato. Insomma le classi reti in fil di ferro. Provammo a scavalcarla ma era troppo floscia e dondolante. Allora io iniziai a smagliare un capo di un filo di ferro, interrompendo le maglie e creando una apertura. Riuscimmo a passare (vedi segnaposto "C" - verde) . Ma quello che trovammo fu ancora più incredibile.

 

7 - DALLA PADELLA ALLE BRACE: SEMPRE PIÙ CHIUSI DENTRO

Un campetto da calcetto sulla nostra destra (nella mappa satellitare è visibile un area senza alberi sotto la linea rossa, che sarebbe poi il nostro percorso) dopo il quale s'intravedeva un gazebo da cui arrivava della musica. Naturalmente io e Roxy ci chiedevamo dove cavolo eravamo ed io risposi che secondo me eravamo in un circolo sportivo o parco pubblico con bar o simile. La Roxy mi rispose che stavo ovviamente dicendo un sacco di cazzate perchè quello non aveva certo l'aria di essere un luogo simile. Quando arrivammo verso il gazebo vedemmo pure la piscina. Una piscina da favola. E fuori c'era un tizio, sui 40 anni, solo, con una coppa di spumante o champagne in mano. Non chiedetemi cosa stesse facendo li da solo: di solito i brindisi si fanno almeno in due.

La Roxy iniziò a urlare chiamando il tizio, che si girò ed ebbe un sussulto. E ti credo: è praticamente buio, sei li nella tua villa con piscina che ti stai sorseggiando una coppa di un qualcosa che non è certo torcibudella, e ti vedi arrivare due tizi, sporchi, stanchi, cotti, che sembravano due tossicodipendenti con lei che ha pure l'accento rumeno, che cosa pensi? Che sei fottuto e che adesso ti fanno una bella rapina in villa.

Fu li che capii che eravamo ancora "dentro", nella fattispecie a casa di un tizio che non ha certo l'aria da operaio cassintegrato, anzi. Elegante con foulard al collo, gli dissi urlando: "Scusi, come si fa ad uscire da qua?". Il tizio ci venne un po' incontro chiedendoci come avevamo fatto ad entrare e da dove. Se gli avessi detto che avevo  smagliato la rete di protezione per passare, quello era capace di farmela pagare. Gli improvvisai di un ipotetico buco nella rete spiegandogli che ci eravamo persi, avevamo risalito la china fino alla casa adiacente e poi siccome eravamo chiusi dentro avevamo cercato una uscita fino a che non avemmo trovato il buco. Che effettivamente c'era, ma ovviamente mi dimenticai di dirgli che l'avevo fatto io. Quello preoccupassimo per il buco nella rete continuò a chiederci dettagli: non eravamo più noi ad allarmarlo ma sapere che la sua rete  aveva una falla. Eh, capirai, è una rete poco più che per polli, mica è un muro blindato. Sai quanto vi vuole per entrare? Ed infatti...

Continuò a squadrarci evidentemente non ancora convinto che eravamo due "coglionazzi" reduci da un sfigatissimo giro, e continuò quindi a farci domande sul buco della rete. Poi insistei ancora per chiedergli di farci uscire e lui rispose che che non c'era problema. E meno male: temevo che chiamasse i Carabinieri. Completamente a secco d'acqua, gli chiesi se ci avrebbe potuto riempire la bottiglia. Quando la estrassi rimase un po' in tensione mostrando una strana faccia: forse credeva che avessi una pistola o altro. Gli diedi la bottiglia in plastica, vuota, apparentemente di ultimissima categoria, semi spiegazzata e anche esternamente un po' sporca. Non oso pensare cosa pensò. Mi pare che ci chiese se volessimo una bottiglia d'acqua delle sue (immagino dell'Himalaya, uno così che acqua beve?). Io insistei sul fatto che ci riempisse la nostra (beveva pure la Roxy), al che ci guardò un po' titubante e poi rientrò nel gazebo per l'acqua. Lo ringraziammo sentitamente e ci condusse verso il cancello in ferro, un portone alto almeno 3 metri che dava, finalmente, sulla tanto agoniata strada pubblica. Dalla finestra si sporse un presunto maggiordomo sui 35-40 di pelle scura e in inglese gli chiese qualcosa. Lui rispose che era tutto ok. Non oso immaginare se gli avesse dato un altra risposta cosa sarebbe potuto accadere. Magari erano pure armati. L'ultima cosa che ci chiese fu quella di chiamarci un taxi. Ah, ah, ah, ma in che mondo vive? In taxi? Ma va la!

La cosa più buffa fu valutare di quanto poco avevamo mancato il percorso corretto: 30-50 metri. Inoltre il sentiero e la stradina pubblica costeggiava la villa con piscina (vedi tracciato giallo). Sarebbe bastato fare il buco nella rete dall'altra parte del cancello per saltare fuori sul percorso pubblico. Ma non lo sapevamo e anche questo la dice lunga sull'importanza di fare programmi a PC prima di partire. Giusto per sapere sempre dove sei.

La Roxy telefonò alla Laura che gentilissimamente ci venne a prendere in auto. Era notte e di scendere per una strada di collina sino in città la Roxy non ne volle sentir parlare. Ed aveva pure ragione. La Laura mi scaricò a Porta S. Mamolo, ci salutammo, loro proseguirono per casa, ed io a piedi andai verso la stazione facendo tappa in una pizzeria da asporto dove puoi anche mangiarla li. Il bello di quel posto è che fa le margherite a 2,50 € cad. E sono anche abbastanza buone. Cioè con 2 pizze cioè 5 € ceni. Tutto perfetto per prendere l'ultimo treno per Lugo, quello delle 22:06.

L'ultimo problema fu che dopo Castelbolognese mi addormentai e quando mi svegliai, lessi fuori dal finestrino "Lugo". Eravamo fermi in stazione. Ma appena mi alzai di scatto per scendere il treno partì. Scesi a Bagnacavallo e a piedi, alle 11:15 lungo la SS BO-RA me ne tornai a Lugo con il led del cellulare acceso per segnalare alle auto che incrociavo la mia posizione di pedone sfigato. Altri 7 km ed arrivai in stazione a Lugo dove presi l'auto parcheggiata e rientrai a casa. Ho calcolato che quel giorno feci circa 30 km a piedi. La Roxy meno di 13.

Questo è tutto.


Ho voluto scrivere questa testimonianza per sottolineare l'importanza in una escursione, di sapere sempre dove ci si trovi e anche quali furono tutte le circostanze che portarono a quel fatto.

02.05.20